giovedì 7 novembre 2019

                                 Vincitori del concorso “VERSO DEL VINO”. 2019

1°  Pina  Petracca .    SURANO . (LE)


“Ci vuole un uomo morto”
“Ci vuole un uomo morto,
sì, un uomo morto nella vigna”...
così mio padre
mi raccontava il vino,
così moriva lui contento
ogni settembre
tra graspi e spremiture
per mille volte poi risuscitare
nel calice a novembre
e negli strufoli al vino rosso
la sera di Natale.
Ed io ascoltavo
i suoi giorni di passione
sul calvario di terra rossa e pietre,
i suoi amorosi incontri con la vite,
i passaggi tra i filari
a seguire i ceppi in contorsione
e le carezze agli acini serrati
tra mani e abbracci
di pampini intrecciati
e tralci arrampicati ai sogni
di un anno di fatiche.
“Ci vuole un uomo morto.
sì, un uomo morto nell’orto e nella vigna”. Così mio padre                                                                  mi raccontava il vino
quando tornava
profumato di basilico
coi fichi nelle tasche
e l’aneto nel pugno della mano
o si scaldava il petto
ai sarmenti ardenti
d’inverno nel camino.
Le gote rosse e viola
parlavano di gioia
e di raccolti buoni
nonostante tutto,
nonostante qualcosa.

Andava tutto bene
ai miei occhi di bambina.
Il miracolo avveniva
come festa comandata
tra gli angeli di legno
giù in cantina
su un altare di mele cotogne e timo. E sulla tavola                                                                                  o in confraternita di amici resuscitava l’uomo
e il sacro umile fermento
si elevava a lode
e a ringraziamento.

Così mio padre
mi raccontava il vino.                                                                                                                          Così viveva lui                                                                                                                              contento.

venerdì 30 agosto 2019






Lettera a un’amica
Se avessi avuto tempo, non avrei risposto così velocemente
ci avrei riflettuto più a lungo,
avrei contato fino a mille e poi forse ricominciato
se avessi avuto tempo ti avrei dato più tempo per capire,
ti avrei parlato sottovoce
abbracciata
consolata
avrei rispettato il tuo di tempo, anzi te ne avrei dato altro
e ancora tanto fino al Matusalemme.
Se avessi avuto tempo
ti avrei addirittura scritto in bella calligrafia,
avrei ossequiato i tuoi amici,
gli avrei esposto i miei dubbi sulla loro utilità,
li avrei numerati in ordine crescente
e loro un giorno avrebbero capito.
Se avessi avuto tempo,
forse anche Dio ne avrebbe avuto, si sarebbe guardato
meglio intorno ,
avrebbe visto più cose e ricreduto su altre…. forse;
avrebbe fermato il cammello prima della cruna,
e il ricco vedendo anche l’altro paradiso
avrebbe potuto decidere con calma, con ponderazione.
Se avessi avuto tempo
avrei sottratto l’odio all’equazione, avrei raccolto più fiori,
deposto le armi
sotterrato l’ascia
sbattuto i tappeti,
forse avrei scritto solo parole d’amore
o forse non ce ne sarebbe stato bisogno.
Se avessi avuto tempo
Avrei infilato l’ago, cucito lo strappo
indossato il vestito buono e allungato la cerimonia,
qualcuno non sarebbe morto,
altri sarebbero fuggiti molto prima
e altri ancora mi avrebbero aspettato senza dire quanto.
Se avessi avuto tempo
Non avrei permesso a mio padre e mia madre
di fermarsi alla fine del sentiero
li avrei accompagnati per prati e spiagge
avrebbero visto tutto il resto
intrecciato fiori a parole e onda dopo onda navigato.
Se avessi avuto tempo,
I miei fratelli all’orizzonte
e ogni giorno baci di saluti,
ogni giorno parto ogni giorno torno,
ogni giorno abbracci e parole di commiato senza reso.
Se avessi avuto tempo Franca,
ti avrei scritto per tranquillizzarti,
ti avrei detto di come i giorni passano all’insaputa
e i sogni affondano come barche logore alla deriva.
Se avessi avuto tempo ne avremmo di certo parlato,
come sconosciuti in treno con valige piene di parole
per ingannare il tempo.
F.M.

martedì 18 giugno 2019

"ALLA PORTA DEL CUORE" .        Caolino, mono-cottura, ferro, fiori- finti, resina epossidica

sabato 2 febbraio 2019


Imperfetto Essere

Stetti poi loquace
in fondo al cuore
mirando incredulo
le fantasie nascoste
a raccontare parole
languidi occhi e amori,
e ai nebulosi giorni da venire
solo un cenno e un timido saluto
per una scheggia di luce
dentro agli occhi
per un alito di vento
che trafigga il cuore
davanti a un mare di non senso
sempre sulla soglia.
Che sia tutta vita
quella raccolta nel fiato del mattino,
quella che segue le lacrime del riso
accovacciate in fondo alla tristezza.
Scorri ancora tempo                                                                         come anima in pena,
scorri voltando pagine di costellazioni
e in ogni angolo nascosto della pelle
segna coi baci i punti di non ritorno
perchè sono ora, perplessità nel palmo,
memorie relegate all’innocenza
colpe come sfide della vita,
anima vagante dell’imperfetto essere,
ma sempre meraviglia in fondo al cuore.
        M.F.